Il Fisco usa WhatsApp per incriminare i cittadini: attenti a cosa scrivete, potrà essere usato contro di voi

L’app di messaggistica più utilizzata dagli italiani diventa uno strumento nelle mani di Fisco per incriminare i contribuenti. In che modo?

Una sentenza della Cassazione lascia carta bianca al Fisco anche in relazione al monitoraggio di WhatsApp per scoprire frodi o reati dei contribuenti. Bisogna fare molta attenzione alle conversazioni, si potrebbe finire in guai seri.

WhatsApp e lente di ingrandimento
Il Fisco usa WhatsApp per incriminare i cittadini: attenti a cosa scrivete, potrà essere usato contro di voi (Icnews.it)

L’attento monitoraggio del Fisco è legato alla necessità di contrastare l’evasione fiscale, il riciclaggio di denaro e i finanziamenti al terrorismo. I cittadini sanno di essere controllati dal punto di vista fiscale in ogni loro mossa. Quando compilano la dichiarazione dei redditi, quando versano soldi in banca o inviato bonifici, nel momento in cui presentano la Dichiarazione Sostitutiva Unica per il calcolo dell’ISEE. Insomma, se si ha a che fare con soldi, redditi, trasferimenti di denaro si può essere certi che nulla sfugga al Fisco.

Fino ad oggi, però, almeno nelle conversazioni WhatsApp si pensava essere liberi di comunicare senza controlli e senza che ciò che si scrive o dice possa essere usato contro di noi. Una sentenza della Cassazione ribalta questa certezza e autorizza il Fisco ad usare le conversazioni sull’app di messaggistica come prova nelle verifiche fiscali. Secondo i Giudici, i messaggi scambiati sulla piattaforma sono ammissibili come prova legale anche se manca un’intercettazione disposta dall’Autorità Giudiziaria.

Le implicazioni per i cittadini in seguito alla sentenza

La sentenza di riferimento è la numero 1254 del 2025. Tramite l’accesso alle conversazioni presenti su WhatsApp il Fisco potrà individuare attività illecite, una contabilità parallela o l’evasione fiscale a condizione che sia appurata la validità all’interno di un’indagine fiscale. Significa che il destinatario della contestazione avrà la possibilità di negare l’autenticità. In questo caso l’ente accertatore dovrà dimostrare che i messaggi sono genuini e non frutto di alterazioni. A tal proposito i Giudici hanno stabilito dei criteri da seguire per certificare la validità della prova digitale.

Uomo con lente di ingrandimento legge un documento
Le implicazioni per i cittadini in seguito alla sentenza (Icenws.it)

I criteri sono

  • l’identificabilità del device di provenienza con l’attribuzione del possesso ad una specifica persona,
  • l’assenza di manipolazione del contenuto delle chat che dovrà essere integro e senza modifiche,
  • la possibilità di acquisizione attraverso lo screenshot di una chat cancellata dall’autore.

Dove sussistano le prove ecco che WhatsApp diventerebbe uno strumento nelle mani del Fisco per incriminare i contribuenti. Il digitale, dunque, assume un ruolo sempre più centrale nelle indagini diventando anche più importante delle testimonianze orali. Smartphone e computer possono essere controllati dalle autorità fiscali al fine di scoprire elementi utili per dimostrare l’esistenza di un’attività economica non dichiarata oppure irregolare. Le conversazioni private non saranno più tali.

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